giovedì 5 febbraio 2009

Come previsto

Dopo giorni di totale silenzio, la Segreteria di Stato si è finalmente espressa sul caso dei quattro Vescovi lefebvriani a cui è stata revocata la scomunica e in particolare su Mons. Williamson, che aveva fatto dichiarazioni negazioniste. Che cosa ha detto? Ciò che avevo ampiamente previsto: viene richiesto un "pieno riconoscimento del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Papi Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e dello stesso Benedetto XVI". Se non fosse che questa condizione preclude qualsiasi inizio di trattativa con la Fraternità San Pio X, si potrebbe anche essere d'accordo. Si potrebbe comunque osservare che il diritto canonico non prevede altra professione di fede che quella "approvata dalla Sede Apostolica" (can. 833), consistente nel Simbolo Niceno-Costantinopolitano integrato da tre commi emanati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1988. Ma sentite quel che segue: "Il Vescovo Williamson, per una ammissione a funzioni episcopali nella Chiesa dovrà anche prendere in modo assolutamente inequivocabile e pubblico le distanze dalle sue posizioni riguardanti la Shoah". Come volevasi dimostrare: d'ora in poi, per poter essere ammessi all'esercizio del ministero nella Chiesa sarà necessaria una professione di fede nella Shoah!
Capisco lo scompiglio in cui si trova il Vaticano in questi giorni (si veda in proposito l'interessante articolo di Sandro Magister sul sito www.chiesa); ma non mi sembra proprio questo il modo di reagire. Appare sempre piú chiaro che il Papa sia vittima di un complotto (si legga l'articolo di Andrea Tornielli sul Giornale); fin dall'inizio del suo pontificato sapevamo che la sua elezione non era gradita a molti, in Vaticano e fuori. Proprio per questo — sia detto col dovuto rispetto — in qualche caso forse avrebbe dovuto muoversi con maggiore prudenza. Che cosa dice Gesú nel Vangelo? "Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe" (Mt 10:16). Ma in ogni caso, quando siamo attaccati, non possiamo semplicemente giustificarci e adeguarci supinamente a quanto viene preteso dall'altra parte; dobbiamo reagire. Non si può stare sempre sulla difensiva e seguire il nemico dove lui ci vuol portare. Ho l'impressione che Benedetto XVI non conosca ancora abbastanza i suoi nemici. Non sa che le scuse, le dichiarazioni, le ritrattazioni non saranno mai abbastanza. Capisco che ha le mani legate: è tedesco; gli può essere sempre rinfacciato il suo passato (lo hanno già fatto all'inizio del suo pontificato). Ma in ogni caso, a un certo punto bisogna aver il coraggio di dire: "Ora basta!" Finché ci vedranno deboli, saranno sempre piú prepotenti. Qui non si tratta di porgere l'altra guancia; qui si tratta di difendere la verità.
Spero per lo meno che in Vaticano capiscano che la posizione di assoluta equidistanza assunta durante il massacro di Gaza (per favore, chiamiamo le cose col loro nome: non è stata una guerra, ma un semplice massacro) non paga. Molto meglio sarebbe stato assumere una posizione piú coraggiosa, come le circostanze richiedevano. Lo Stato di Israele e tutti gli Ebrei del mondo si sarebbero ribellati? E allora? Non vedete che tanto non gli va bene niente lo stesso e anzi pretendono di dettar legge anche all'interno della Chiesa?
Ho molto apprezzato nei giorni scorsi la coraggiosa presa di posizione del Primo Ministro turco Erdogan al summit di Davos (guardate il video su YouTube: è fantastico!). Certo, con quelle parole rivolte, senza peli sulla lingua, al Presidente Peres, probabilmente Erdogan ha firmato la sua condanna. Ma che importa? Ha avuto il coraggio della verità, e perciò merita il nostro rispetto e la nostra gratitudine. Che differenza rispetto ai politici occidentali e, ahimè, a tanti ecclesiastici! Mi è tornato allora in mente il passo del vangelo: "In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio" (Mt 21:31). Sí, mi sa proprio che turchi e palestinesi ci precederanno nel regno dei cieli!