giovedì 5 marzo 2009

Qualche considerazione sul caso Wagner

Probabilmente molti di voi hanno seguito la vicenda di Mons. Gerhard Wagner, il quale in un primo momento era stato nominato dal Papa Vescovo ausiliare della diocesi austriaca di Linz e poi, per la mobilitazione mediatica avvenuta in seguito all'annuncio di tale nomina (e in seguito a una presa di posizione della stessa Conferenza episcopale austriaca) era stato costretto a rinunciare (non si capisce bene con quanta libertà) alla nomina stessa. La rinuncia è stata accolta dal Papa lunedí scorso: "Il Santo Padre ha dispensato il Monsignor Gerhard Wagner dall'accettare l'ufficio di Vescovo Ausiliare di Linz (Austria)". Se volete saperne di piú, andate a questo link, dove troverete tutti i riferimenti necessari per farvi un'idea della situazione.

Si tratta di una di quelle vicende, di cui solitamente preferisco non occuparmi, perché so che qualunque cosa dici sarà sempre sbagliata. Eppure, non mi sembra corretto far finta di nulla. Anche da questa situazione dobbiamo trarre qualche ammaestramento (non si tratta di giudizi, ma solo di alcune riflessioni).

1. La prima riflessione si collega con quanto dicevo negli ultimi giorni sulla complessità della realtà. Anche questa vicenda dimostra quanto sia complicata la situazione della Chiesa odierna, specialmente in alcuni paesi europei. Si fa presto a invocare la scure; si fa presto a esigere un ricambio dell'episcopato; si fa presto a dire che il Papa dovrebbe intervenire. Ecco, vedete che cosa succede, quando solo prova a farlo? Si noti: Mons. Wagner non sarebbe diventato Arcivescovo di Vienna, ma semplicemente Vescovo ausiliare di Linz. Si consideri inoltre che questo non è il primo tentativo di intervento della Santa Sede in Austria, e in altre Chiese in pericolo (specialmente l'Olanda): che cosa non ha fatto Giovanni Paolo II per recuperare queste Chiese locali? E che cosa ha ottenuto? Lo abbiamo sotto i nostri occhi. Gli è che, in certe situazioni, l'unica cosa possibile è "gestire" la situazione stessa, senza avere l'ambizione di cambiare tutto e subito, semplicemente perché non è possibile. Bisogna accontentarsi di navigare a vista, di salvare il salvabile. Ricordate Don Camillo? Quando arriva l'alluvione, che cosa può fare il contadino? Salvare il seme. Quando l'alluvione avrà fatto piazza pulita di tutto, allora il contadino potrà ricominciare a seminare (Don Camillo e Don Chichí). E questo, credo, Benedtto XVI lo sta facendo piú che egregiamente.

2. La seconda riflessione riguarda la libertà della Chiesa. Noi pensavamo che la Chiesa avesse raggiunto la piena libertà nelle nomine episcopali, senza interferenze del potere politico. E voi, questa, la chiamate libertà? Il potere politico ha cambiato le sue forme: non si chiamerà piú re o imperatore; oggi abbiamo il potere dei media (dietro cui si nascondono altri, ben peggiori, poteri occulti). Almeno una volta sapevamo con chi dovevamo prendercela; oggi con chi ce la prendiamo? Anche qui un piccolo ammaestramento dobbiamo pur trarlo. Spesso ci si lamenta (come, per esempio, nel penultimo capoverso del link su riportato) delle "risorse umane" della Chiesa. Teoricamente è giusto; facile a dirsi. Ma come volete poi che certi posti vengano ricoperti da persone competenti, con la testa, di carattere? È ovvio che, con questo clima, il piú delle volte ci finiscano i mediocri.

3. La terza riflessione riguarda la persona del Santo Padre. È ovvio che questa vicenda costituisca per lui un ulteriore smacco. Non è il primo e, probabilmente, non sarà l'ultimo. Vediamo con piacere che, dopo tutto, non si lascia spaventare piú di tanto da queste vicende. Evidentemente sa che, in certi casi, bisogna accettare di fare un passo indietro, per poi farne due in avanti. In questi giorni i vaticanisti si sono sbizzarriti a chiedersi se il Papa è solo, lasciato solo, isolato, solitario o solista, e chi piú ne ha piú ne metta. Certo, una certa solitudine umana deve provarla, se lo ha candidamente confessato di fronte ai suoi preti (il clero romano); ma anche questo non mi sembra turbarlo piú di tanto: evidentemente sa che fa parte del mestiere. Nonostante ciò, e senza voler in nessun modo insegnare il mestiere al Papa, un ammaestramento generale, per tutti noi, dovremo pur trarlo da questa vicenda. Un superiore, chiunque egli sia, può decidere quel che vuole; ma è buona norma, prima di decidere, creare consenso attorno a quella decisione; altrimenti essa sarà rifiutata. Un buon superiore non è solo quello che decide bene, ma quello che coinvolge tutti nelle decisioni, in modo che abbiano l'impressione che siano stati loro a decidere. Capisco che è facile a dirsi, non altrettanto facile a farsi.

4. L'ultima riflessione riguarda Mons. Wagner. Non ho il piacere di conoscerlo. Le uniche cose che so a suo riguardo sono quelle che sapete anche voi, le solite banalità ripetute fino alla noia dai media: è un "ultra-conservatore", ha affermato che l'uragano Katrina è una punizione divina e che Harry Potter è un'invenzione del diavolo. Ma vi rendete conto a che livello siamo arrivati? Vi rendete conto della serietà dei nostri mezzi di informazione? Semplificazioni piú idiote non si potrebbero immaginare. Come si fa a classificare una persona, con la sua storia, le sue opinioni, i suoi valori, i suoi drammi, in questi schemini che non sarebbero tollerati neppure per delle comari. Io non so (e non mi interessa piú di tanto) che cosa abbia effettivamente detto Mons. Wagner sull'uragano Katrina e su Harry Potter. Dico solo che, qualunque cosa egli abbia detto, è liberissimo di dirla. Ma da quando in qua debbono essere i media a stabilire i confini della nostra libertà di pensiero e di espressione? Ciò che viene chiesto a un sacerdote cattolico è di non insegnare nulla che vada contro la fede cattolica. Non mi risulta che Mons. Wagner abbia formulato alcuna eresia. Ha solo espresso delle legittime (sí, lo ripeto per chi non lo avesse capito: legittime) opinioni personali. Altrettanto legittimo discuterle. Si tratta di diritti garantiti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (art. 18 & 19). I requisiti per diventare vescovo sono elencati nel can. 378: tra essi non figura l'accettazione del candidato da parte dei media, e non è previsto l'esame delle sue opinione personali. Dai miei studi biblici e teologici mi risulta che non si possa escludere l'intervento di Dio nei fatti storici. Se, invece di stracciarci le vesti, ci lasciassimo interrogare da certe provocazioni (senza la pretesa di trovare immediate risposte, solo lasciarci interrogare), non sarebbe meglio? In una Chiesa che spesso si compiace di definirsi "profetica", un atteggiamento di maggiore apertura non guasterebbe.