giovedì 3 settembre 2009

Una parola di spiegazione

Cari amici, qualcuno di voi si starà chiedendo il perché del mio silenzio proprio in questi giorni in cui ci sarebbero tante cose da scrivere.

Beh, innanzi tutto devo dire che sono stato vittima di un oscuramento informatico, che non mi ha permesso di seguire passo passo l’evolversi del caso Boffo. Ora poi che la connessione internet è stata ristabilita, faccio un po’ di fatica a ricostruire l’intera vicenda e confesso di sentirmi piuttosto confuso.

Devo dire però il blackout è stato forse provvidenziale, perché, da quel che ho capito, di parole, in questi giorni ne sono state dette molte, forse troppe. È stato detto tutto e il contrario di tutto, spesso non basandosi su fatti, ma solo su impressioni. Per cui penso che non sia necessario aggiungere a questo fiume di parole altre parole — le mie — che oltretutto rischierebbero di non essere pertinenti, vista la carenza di sufficiente informazione da parte mia per esprimere una valutazione equilibrata.

Non vorrei che si scambiasse il mio silenzio per una mancanza di coraggio, per altro incoerente con il titolo di questo blog. Quanti mi conoscono sanno che non mi piace esprimermi se non sono piú che sicuro di quel che dico. Quando scrivo qualcosa, è sempre frutto di ponderata riflessione, mai la reazione istintiva a quel che sembra o a quel che si dice. Nel caso presente, non mi pare che ci siano elementi obiettivi cosí sicuri, che permettano di esprimere un giudizio motivato e imparziale.

L’unica cosa che penso si possa affermare con certezza è che questa vicenda sta arrecando un danno immenso alla Chiesa. Mi sembra proprio che non ce ne fosse alcun bisogno. Personalmente ritengo che lo si sarebbe potuto tranquillamente evitare. Questa storia è il risultato di una discutibilissima scelta editoriale (fatta da chi? dalla CEI, da Bagnasco, dal comitato di redazione di Avvenire, da Boffo in persona?), quella cioè di allinearsi alla grande stampa nella campagna contro Berlusconi. Non contesto il diritto, che chiunque (a fortiori la stampa) ha in un paese democratico, di criticare il Presidente del Consiglio (magari sarebbe auspicabile che le argomentazioni utilizzate fossero di carattere politico; ma tant’è). Il problema è che Avvenire non è un giornale qualsiasi: è il quotidiano della Conferenza episcopale italiana; ciò che scrive Avvenire è la voce della Chiesa italiana. Se c’è una cosa che dovrebbe essere diventata chiara in questi giorni, è che non rientra fra i compiti della Chiesa intromettersi in certe controversie politiche. Quando lo si fa — ormai dovrebbe essere piú che evidente — bisogna essere pronti a pagarne le conseguenze, che non sono solo, si badi bene, i danni per la reputazione del direttore di Avvenire (una questione che ha certo la sua importanza), ma soprattutto la perdita di credibilità per la Chiesa.