domenica 27 settembre 2009

XXVI domenica "per annum"

Anche i discepoli di Gesú — compreso Giovanni, il “discepolo prediletto” — avevano la mentalità della setta, del partito: «Maestro abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Per loro non era importante che quel tale scacciasse i demoni nel nome di Gesú, ma che non facesse parte del loro gruppo.

Per Gesú la mancata appartenenza al gruppo dei discepoli è ininfluente; ciò che conta è che quegli operi nel suo nome: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi».

Quest’ultima frase potrebbe apparire in contraddizione con una simile affermazione di Gesú che troviamo nel vangelo di Matteo: «Chi non è con me è contro di me» (Mt 12:30). In realtà, se ben riflettiamo, ci accorgeremo che non esiste alcuna contraddizione. In Matteo, Gesú sta parlando del rapporto con la sua persona, che risulta indispensabile. E infatti nel caso del vangelo odierno, l’adesione a Cristo da parte dell’esorcista c’era (scacciava i demoni nel suo nome); ciò che mancava era l’appartenenza al gruppo dei discepoli, che, a quanto pare, risulta non indifferente, ma certamente secondaria, perlomeno su un piano formale. Dico: “su un piano formale”, in quanto proprio qui si pone il problema della vera natura della Chiesa: essa non è una setta, non è un partito, non è un’associazione che richiede un’iscrizione. Essa è la famiglia di tutti i credenti in Cristo: chiunque può farne parte.

Nei suoi confronti è sufficiente un atteggiamento di “non belligeranza”: «Chi non è contro di noi è per noi». Mentre nei confronti di Cristo è necessaria una esplicita adesione; nel caso della Chiesa, basta non opporvisi, per farne parte (a patto che ci sia la fede in Cristo). E tale fede è spesso presente al di là dei confini della Chiesa, perché il Signore concede i suoi doni quando vuole, come vuole, dove vuole e a chi vuole. Non siamo noi che possiamo porre limiti alla sua azione. Si direbbe che l’adagio tomistico «Deus non alligavit gratia sacramentis» si applichi, innanzi tutto, al sacramento dei sacramenti, alla Chiesa. Ma ciò non toglie alla Chiesa il suo carattere universale (“sacramento universale della salvezza”)? No, anzi lo accentua: essa è lo strumento di salvezza per tutti gli uomini, non solo per quelli iscritti alla sua anagrafe.

Vivendo in un ambiente multireligioso, sto vedendo con i miei occhi come il popolo di Dio non sempre coincida con i cristiani battezzati. Lo Spirito agisce anche al di fuori dei confini della Chiesa cattolica. La fede in Cristo è molto piú diffusa di quanto non sembri. Molti credono in Cristo; ma, per motivi che non sta a noi giudicare, non aderiscono formalmente alla Chiesa. Ma forse senza saperlo, forse in maniera anonima, ne fanno già parte. «Chi non è contro di noi è per noi».