domenica 8 novembre 2009

XXXII domenica "per annum"

È una forma di materialismo misurare la generosità dalla quantità del dono: chi dà di piú è piú generoso di chi dà di meno. Circondiamo di gratitudine e di onore i grandi benefattori; ignoriamo l’obolo insignificante della vedova. E non ci rendiamo conto di quanto sia costata la rispettiva offerta del ricco e del povero.

Non che la quantità del dono non abbia la sua importanza; essa però non può essere misurata assolutamente, ma solo in relazione con la quantità di ciò che si possiede. Se il mio dono è grande, ma è solo parte del mio superfluo, esso non vale nulla; se il mio dono è piccolo, ma è tutto ciò che possiedo, esso ha un valore inestimabile:

«In verità io vi dico: questa vedova, cosí povera, ha gettato nel tesoro piú di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

La quantità è importante, perché Dio vuole tutto. Il nostro Dio è un Dio esigente; non si accontenta di “qualcosa”, fosse pure oggettivamente tanto; vuole “tutto”, tanto o poco che sia, non importa; ciò che conta è che sia “tutto”.

Di fronte a Lui non conta essere poveri o essere ricchi; conta essere generosi. Nessuno è cosí povero da non avere niente da donare: per quanto abbia poco, ha sempre qualcosa da poter dare. E Dio gli chiede di dare quel poco che ha, e di darlo in maniera totale.