sabato 27 marzo 2010

Chi è senza peccato scagli la prima pietra!

Che noia! Gli immorali moralizzatori della Chiesa incominciano a essere ripetitivi e senza fantasia. Avete notato? Tutti i casi riportati in questi giorni dalla stampa internazionale (le solite testate: il New York Times, lo Spiegel, la Repubblica...), oltre a essere stravecchi, erano già risaputi, penalmente chiusi e abbondantemente chiariti. Qualche tempo fa si accusava la Chiesa di non denunciare alla magistratura i preti pedofili; negli ultimi casi denunciati dal New York Times, non potendo lanciare quest’accusa (dal momento la magistratura era, sí, intervenuta, ma aveva archiviato il caso), si giunge all’impudenza di insegnare alla Chiesa il suo mestiere: “Perché il Padre Murphy non è stato ridotto allo stato laicale?”. Ma fatevi i fatti vostri! Chi vi ha nominato giudici nel foro ecclesiastico?

En passant, godetevi questa perla, che dimostra la competenza di certi giornalisti. Ieri sul Quotidiano Nazionale (Il Giorno, Il Resto del Carlino, La Nazione) Roberto Giardina ha scritto che Ratzinger «era a capo della Propaganda Fidae (!), come si indica oggi la Santa Inquisizione», dimostrando di saperne molto di cose ecclesiastiche (e di latino).

Tornando al nostro discorso, direi che non c’è da temere piú di tanto da questa campagna diffamatoria contro la Chiesa: si tratta delle solite accuse trite e ritrite; segno che non hanno altri argomenti da usare. Ma proprio per questo, come Chiesa, dovremmo stare attenti a non prendere troppo sul serio tali accuse; non perché non esista una situazione reale a cui va posto rimedio (con i mezzi propri della Chiesa, spirituali e canonici); ma perché, se non ci si muove con lucidità e con fermezza, e ci si lascia trascinare sul loro terreno, il rischio è quello di distruggere la Chiesa.

Che ci sia un complotto contro la Chiesa (in particolare contro il Papa e i Vescovi), dovrebbe essere ormai appurato. Le accuse che vengono mosse sono meramente strumentali: come ho già scritto, ai censori della Chiesa nulla interessa delle vittime della pedofilia, né dei preti pedofili, né della purezza della Chiesa stessa. A loro interessa solo scardinare la Chiesa (chiedendo le dimissioni di Vescovi e addirittura del Papa stesso; creando divisioni tra i fedeli, fra laici e clero, fra Vescovi e Papa; pretendendo la sua totale sottomissione al foro civile e limitando in tal modo la sua autonomia) e snaturarla (come ci ricorda quest’oggi Giuliano Ferrara: possibile che un laico debba rammentare alla Chiesa il suo carattere distintivo e le sue peculiarità irrinunciabili? Alle osservazioni di Ferrara io aggiungerei un altro paio di pericoli, forse ancora piú sottili: l’illusione — càtara e illuministica — di una Chiesa tutta pura, che ignora le dinamiche del peccato e della grazia; e la trasformazione di essa in una onlus dei buoni sentimenti totalmente subalterna al potere, come è avvenuto per le comunità protestanti).

A questo proposito vi inviterei a leggere, su AsiaNews, la testimonianza di un missionario italiano in Thailandia, che vive quotidianamente a contatto con le vittime della pedofilia: questo è l’approccio cattolico al problema, non quello che vorrebbero imporci i media nelle mani della massoneria. Nei paesi del terzo mondo — posso dirlo per esperienza diretta — il problema della pedofilia (specialmente in famiglia) è una piaga estremamente diffusa, e la Chiesa è una delle poche organizzazioni che se ne occupa attraverso una rete di comunità di recupero (che non sbattono il mostro in prima pagina, ma nell’ombra curano amorevolmente le ferite delle vittime).

Dicevo che non dobbiamo prendere troppo sul serio le accuse che vengono rivolte in questi giorni alla Chiesa (nel senso che non dobbiamo stare al gioco che vorrebbero imporci, anche perché è dimostrato che, se si rimane sulla difensiva, non ci sarà mai nessuna difesa sufficiente: lo abbiamo già visto a proposito dell’Olocausto; lo sperimentiamo ora a proposito della pedofilia). Ma questo non significa che non dobbiamo prenderle sul serio. Voglio dire che bisogna imparare a reagire a muso duro: rispondere a tono; controbattere; smascherare l’ipocrisia degli accusatori; perseguire, se necessario, le vie legali. Naturalmente questo non deve farlo il Papa, il quale fa bene a mantenere l’atteggiamento severo, ma di alto profilo, che ha assunto. Ma può e deve essere fatto da qualcun altro nella Chiesa. C’è bisogno di una task-force specializzata. Diventa, a mio parere, sempre piú urgente la costituzione, proposta dal mio ex-alunno David Rossi e, piú recentemente, da Raffaella), di una Anti-Defamation League cattolica.

In questi giorni si va diffondendo l’idea che la buona fama della Chiesa non abbia alcuna importanza. D’accordo che il buon nome della Chiesa non sia l’unico valore e che esso vada coniugato con altri valori altrettanto importanti; ma non possiamo rimanere indifferenti di fronte alla diffamazione della Chiesa. Se siamo giustamente preoccupati della profanazione dei sacramenti, non dovremo forse esserlo anche della profanazione di quello che è il “sacramento universale della salvezza”? Quando la Chiesa viene ingiustamente attaccata, è giusto che si difenda. Gesú, quando veniva “messo alla prova”, sapeva come reagire. Possibile che, quando la Chiesa, some la donna adultera, viene messa in mezzo e accusata di flagrante adulterio, non ci sia nessuno che abbia il coraggio di rispondere senza complessi: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei» (Gv 8:7)?